Lo SWITCH OFF della rete in RAME non lo deve stabilire il Governo con il DPCM ma #agcom tra i remedies a valle di un’analisi di mercato.
La finalità di spegnere la vetusta rete in rame di TIM non è appropriarsi dei fondi europei e spenderli liberamente, ma è portare i clienti su una infrastruttura ad altissima capacità rendendo sostenibile l’investimento in fibra ottica che altrimenti non garantirebbe il ritorno necessario a sostenere la profittabilità di chi investe in infrastrutture a prova di futuro.
Scrive Carmine Fotina:
“Una norma che sancisca il passaggio alla fibra ottica, sgombrando il campo da teorici comportamenti opportunistici per preservare gli asset esistenti, potrebbe favorire anche il dialogo con la Commissione Ue che dovrà esprimersi sul complicato progetto di finanziare con le risorse europee un’infrastruttura in cui, al di là delle garanzie di governance, il controllo azionario dovrebbe restare in mano a Tim e quindi a un soggetto privato”. (…)
Lo switch off della rete in rame è necessario imporlo per via regolamentare. L’operatore storico ha tutto l’interesse a continuare a fare margini su una rete che è già ampiamente ammortizzata e che gli consente di ritardare gli investimenti su infrastrutture piu’ performanti. Tutto questo ragionamento, teorico, deve essere necessariamente sottoposto al vaglio dell’AGCOM che è l’Autorità preposta a regolare il mercato e non potrebbe essere diversamente.
Facciamo un esempio: TIM ha intenzione di introdurre a partire dal 2021 una nuova tecnologia sulla sua rete fissa, disponibile anche in modalità wholesale per gli altri operatori, che consentirà di raddoppiare, fino a raggiungere i 400 Mbps, le prestazioni delle linee FTTC. Si tratta del VDSL bonding. Cosa ne pensa l’Autorità?