Ieri sono stato intervistato da Angela Gennaro de Il Riformista sul Disegno di Legge Maroni.
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Maroni mediatore Niente briglie al web «Presenterò un ddl»
RETE E POLITICA. Il ministro dell’Interno accoglie la richiesta dell’opposizione di evitare un decreto. E assicura: nessuna legge speciale.
Regolamentazione del web sì, ma attraverso un disegno di legge. E non per decreto, come annunciato in un primo momento. «Ce lo ha chiesto l’opposizione, e non ho obiezioni, perché l’argomento è controverso, e voglio evitare strumentalizzazioni e forzature», spiega il ministro dell’Interno Roberto Maroni. Un annuncio atteso, che viene anche al termine di un incontro con il presidente dei deputati Pd Dario Franceschini. Nessuna “legge speciale” per Internet, né censura. «Nessuno l’ha mai pensata. Né verranno creati reati specifici», assicura il ministro. Piuttosto, il Governo sta pensando di dare alla magistratura «strumenti» di intervento «per decidere se sul web si compie un reato e per rimuoverne gli effetti»: a oggi è possibile «trovare il colpevole ma non intervenire». Probabile, spiega ancora Maroni, l’avvio di «un tavolo di lavoro costituito dai ministeri e dagli organi istituzionali competenti, operatori e gestori della rete telefonica e del web, per cercare di elaborare e adottare un codice di autoregolamentazione per la rete», come fatto con la pubblicità. «Da blogger di destra dico: con la stessa logica con cui si è delegittimato Berlusconi e l’immagine dell’Italia, lo si è fatto anche con internet. La sinistra ha dato alla rete la connotazione di luogo di spazzatura», tuona Edoardo Colombo, del blog ilgiulivo.com. «Il fatto che, in termini governativi, si ripensi al web in questo senso mi sembra un riconoscimento del fatto che non c’è distinzione tra un’espressione fatta in rete e un’espressione in luogo pubblico», prosegue. E i paventati filtri? «Non significa oscurare Facebook, ma quelle parti del social network “deteriorate”. Sarebbe successo lo stesso se fossero sorti dei gruppi violenti contro Prodi».
L’ipotesi ddl è accolta con favore dall’Aiip, associazione italiana internet provider. «Tecnicamente, su Internet non è possibile filtrare nulla – spiega il segretario generale Dario Denni – Bisogna facilitare le indagini, evidentemente. La responsabilità penale è già personale, e il punto è perseguire chi compie un reato on line». Aiip promuove l’anonimato protetto: «Il soggetto non deve necessariamente comparire con nome e cognome reali, ma deve essere certamente identificabile dalla magistratura. Ed è necessaria una regolamentazione a livello europeo, o ancora meglio internazionale». Tra le carte da giocare, anche l’eventuale assunzione di responsabilità da parte del fornitore del servizio (Facebook, per esempio). «Da tempo si parla di regolamentazione della rete, in Italia e all’estero», spiega Michele Ficara Manganelli, presidente Assodigitale, associazione italiana industria digitale nata cinque anni fa: «La rete, come tutti i luoghi, ha le sue regole». E non ci sono, sin qui, scenari ipotizzabili. «È fondamentale una discussione attenta, nei tempi dovuti e con un tavolo di confronto». Internet e i social network hanno già un “filtro” spontaneo: quello dell’attenzione. «Quando i gruppi hanno cambiato nome all’insaputa degli iscritti, gli utenti se ne sono andati – spiega Ficara – Più o meno followers, seguaci, a seconda di quello che si dice o si fa».
Il mondo della rete ha reagito male alle proposte di Maroni, e ora segue con interesse l’ipotesi ddl. Ma il mercato non sarebbe, comunque, ancora pronto per la regolamentazione. «Dopo l’ultima direttiva europea, che aveva espressamente tirato fuori internet almeno per i prossimi cinque anni dalla regolamentazione classica televisiva, la manovra del Governo è preoccupante – spiega Tommaso Tessarolo, direttore di Current Italia – È parte di un unico scenario, con l’improvviso interessamento di Mediaset per internet e l’apertura verso Telecom. Di fatto, la rete non è più da considerarsi avulsa alle strategie aziendali. Ormai i numeri dimostrano che è un mezzo di distribuzione come l’etere o il cavo: si pensi a Rai.tv». Quanto sta accadendo, spiega Tessarolo, «va a braccetto con quello che sta succedendo nella televisione». Ma i tempi non sono maturi: «Non se ne farà nulla perché continua a essere troppo presto. Si tratta piuttosto di segnali che vengono lanciati per coloro che stanno cominciando a fare progetti industriali per utilizzare internet per la tv». Ma la rete s’ha da regolare oppure no? «Certo, solo che ora è troppo presto. Se si mettono regole in un mercato in via di sviluppo, l’unico risultato è quello di bloccarlo. Invece devono poter emergere nuovi modelli e nuovi attori».